La scelta di costruire un inceneritore in Umbria è talmente indifendibile che neanche il centrodestra che l’ha proposto riesce a metterci la faccia. Ad oggi non si trova un sindaco che abbia proposto il suo territorio per l’insediamento del nuovo impianto. Lo stesso partito della premier Meloni sta facendo le barricate contro l’impianto che si vuole costruire a Roma.
Si fa finta di ignorare che l’inceneritore non chiude alcun ciclo, che produce decine di migliaia di tonnellate di scarti e ceneri pericolose da smaltire in discarica continuando ad alimentare l’emergenza.
Emergenza discariche che in Umbria ha un nome e un cognome: Donatella Tesei che le ha già ampliate nel 2022 di oltre un milione di metri cubi. Così come le folli tariffe sui rifiuti che salassano gli umbri e che aumenteranno con l’entrata in funzione del nuovo inceneritore visto che i costi inseriti nel Piano Rifiuti sono palesemente inattendibili!
Chi oggi pone domande, chieda, faccia luce anche su questo.
Non possiamo continuare a sostenere un sistema inefficace e vederci conteggiare in bolletta anche le spese folli per un nuovo inceneritore, insostenibile economicamente a tal punto che verranno spremuti i cittadini umbri per generazioni al solo fine di ingrassare qualche privato.
A Terni abbiamo già avuto tre inceneritori, ma le tasse sui rifiuti sono continuate ad aumentare anno dopo anno. La verità è che non stiamo pagando l’assenza di un nuovo inceneritore, ma piuttosto la mancanza di strategie che puntino al recupero delle materie prime-secondarie e alla loro rivendita.
Gli inceneritori non fanno altro che aumentare i margini di profitto delle multiutility del settore, spesso aziende quotate in borsa che rispondono a un solo padrone: il profitto. Si ridurranno i posti di lavoro (chiuderanno ben 4 TMB) e peggioreremo la qualità dell’ambiente, senza risolvere nessuna emergenza discarica visto che l’enorme quantità di ceneri che producono finiranno proprio nelle discariche umbre che al 2029 dovranno essere per forza di cosa ampliate ulteriormente.
Le alternative esistono e sono comprovate. L’Asm ha raggiunto già oggi l’80% di raccolta differenziata. Ci sono esperienze, anche in Italia, che dimostrano come sia possibile portare la differenziata oltre il 90% diminuendo anche drasticamente la produzione di rifiuti alla fonte. Puntare su impianti di massimo recupero materia e sul riciclo chimico per i rifiuti solidi non riciclabili (cosa su cui sta investendo anche la Regione Lazio) porterebbe infine e soluzioni innovative che investono nella sostenibilità e su un’occupazione di qualità, non di inceneritori che condannano il nostro futuro.