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Arvedi Acciai Speciali Terni fermerà uno dei due forni elettrici dell’acciaieria umbra “a causa del perdurare degli alti costi energetici che non consentono all’azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall’Asia a prezzi stracciati”.

Lo comunica in una nota la stessa azienda, spiegando di prevedere, “al momento, di fermare un forno elettrico per una settimana a fine settembre”.

“Il livello del costo dell’energia elettrica in Italia, tre volte superiore a quello di altri paesi europei dove sono basati i concorrenti di Aast – si legge -, sta condizionando il piano di rilancio dello stabilimento umbro”. (ANSA)

 

Ast Terni. Scarpa/Rampiconi (Fiom): “Area a caldo si ferma per costi energia, è ora di mettere la parola fine a questa lunga fase di incertezza!”

“Questa mattina la Direzione aziendale di Acciai Speciali Terni ha informato le Segreterie territoriali dei sindacati metalmeccanici che nel mese di settembre, pur in una condizione di pieno produttivo, si fermerà, per una settimana, una linea produttiva dell’area a caldo, per recuperare una parte dei maggiori costi dell’energia. La fermata verrà accompagnata da una richiesta di Cassa integrazione ordinaria per circa 200 persone.

È la prima volta che l’area a caldo di AST viene fermata per i costi alti e non per motivi produttivi, seppur con un mercato ancora debole e con poca visibilità da qui alla fine dell’anno.

Se il costo dell’energia è l’ultimo nodo per l’accordo di programma, ci aspettiamo da Azienda, Governo e istituzioni locali azioni concrete per giungere al termine di questa lunghissima fase di incertezza.

Lo slogan dell’azienda ‘abbiamo il diritto morale di avere le nostre centrali o di essere pagati da chi le ha espropriate’ ci dice di una trattativa con il Governo e forse con Enel per avere costi dell’energia a un prezzo competitivo. Lo stallo e i disimpegni su questo terreno non possono essere scaricati sui lavoratori e sulle lavoratrici dello stabilimento.

In ultimo esprimiamo grande preoccupazione perché più il tempo passa e più vengono messe in discussione le linee guida del piano industriale presentate il primo aprile del 2022. I duecento milioni di euro di investimento sin qui fatti dall’azienda rappresentano un quarto degli investimenti complessivi che puntavano al mantenimento degli attuali livelli occupazionali.

La fase di incertezza deve finire in tempi definiti e si devono chiarire le responsabilità di questi ritardi che mettono in discussione produzioni strategiche, occupazione e salario.

Come Fiom-Cgil proporremmo un Consiglio di fabbrica straordinario e un ciclo di assemblee per informare i lavoratori, non escludendo l’apertura di uno stato di agitazione anche per eventuale uso improprio di ammortizzatori sociali.

Il Mimit convochi urgentemente le parti, al fine di concretizzare l’accordo di programma e il piano industriale che sono spariti dall’agenda.”

Lo dichiarano oggi in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil e Alessandro Rampiconi, segretario generale Fiom-Cgil di Terni.

 

Parlamentari PD Anna Ascani e Walter Verini su Ast Terni

“Una nuova prova dell’inerzia di questo governo e dell’incapacità di definire serie politiche industriali è data anche dall’annuncio di Arvedi di ridurre le produzioni e ricorrere ad ammortizzatori sociali. Nei giorni scorsi lo stesso gruppo aveva lanciato l’allarme sull’insostenibile peso dei costi energetici. L’acciaio a Terni è strategico, non solo per la città e per la regione, ma per il Paese. Il Ministro delle Attività produttive, la Regione Umbria brillano per la totale assenza di iniziativa per chiudere al più presto la partita dell’accordo di programma e del piano industriale dell’AST. Anni fa anche il Comune di Terni svolgeva un ruolo di stimolo e di protagonista, insieme a lavoratori, sindacati, rete dell’indotto; oggi il Comune è latitante. Anche noi come parlamentari PD dell’Umbria ci associamo agli appelli dei sindacati, del PD ternano e ci rivolgiamo al Ministro Urso perché assuma senza ulteriori indugi una iniziativa che, nel quadro di politiche di rilancio della produzione siderurgica nazionale, dia impulso e prospettiva al sito di Terni, al piano industriale e all’accordo di programma”.

i parlamentari PD Anna Ascani e Walter Verini.

 

“Ast, preoccupazione per il fermo di uno dei due forni” Nota di Bori (Pd) che esprime “solidarietà ai lavoratori”

“Esprimo solidarietà ai lavoratori e profonda preoccupazione per il fermo di uno dei due forni delle Acciaierie di Terni, così come recentemente annunciato in una nota di Ast”. È quanto dichiara il consigliere del Partito democratico Tommaso Bori.

“Le ragioni che hanno portato alla fermata e alla cassa integrazione per i lavoratori – sottolinea Bori, segretario regionale del Pd – sono la dimostrazione che né il Governo Meloni né la Giunta Tesei hanno mai avuto veramente a cuore la sostenibilità e la competitività di un impianto strategico come quello di Terni. Il tema irrisolto del costo dell’energia, per Ast, ovvero per un’industria energivora che arriva a consumare in un anno quanto l’intera città di Napoli, rappresenta un fattore imprescindibile che va affrontato quanto prima. Ne va del futuro di un sistema tanto complesso quanto importante per l’Umbria e per l’intero Paese, che deve essere messo nelle condizioni di competere nel mercato siderurgico al pari degli altri attori internazionali”.

“Ritengo, per questo, quasi paradossale – continua Bori – che non sia stata ancora verificata l’ipotesi di ripristino del collegamento tra Ast e la centrale idroelettrica di Galleto, che sarebbe in grado alimentare l’impianto attraverso energia pulita e a chilometro zero. Serve dunque che la destra che governa a livello regionale e nazionale si faccia carico delle sue responsabilità, di questo immobilismo che, a distanza di anni, non ha portato ancora alla firma del nuovo accordo di programma né ad affrontare in maniera costruttiva e responsabile il nodo energia, nonostante gli impegni assunti con Arvedi”.

“Come ha giustamente sottolineato più volte in questi giorni la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein – prosegue Bori – il governo Meloni deve mettere in campo una politica industriale che accompagni i cambiamenti che stiamo vivendo. Bisogna dare continuità agli incentivi tenuto conto che quelli legati alla transizione 5.0 finiranno nel 2025. Non possiamo più accettare che il paese continui ad avere i costi dell’energia più alti in Europa. Ciò rappresenta un problema enorme non solo per la competitività del sistema, tanto da mettere in crisi comparti strategici come quello di Terni, ma anche di prospettive per l’occupazione. Il Partito Democratico regionale e nazionale, – conclude Bori – esprimendo solidarietà e vicinanza ai lavoratori che verranno penalizzati, loro malgrado, dal fermo della produzione di uno dei due forni, intende mettere in campo tutte le iniziative utili affinché la vicenda trovi al più presto una soluzione concreta e praticabile per l’azienda e per i lavoratori”.

 

Nota del segretario del PD di Terni Pierluigi Spinelli e del segretario provinciale del PD Fabrizio Bellini

“L’annuncio del gruppo Arvedi della decisione di ridurre temporaneamente le produzioni, immediatamente successivo all’appello pubblico dell’azienda sui costi esorbitanti dell’energia, è motivo di grande preoccupazione. Per questo stamane abbiamo fortemente voluto che il Consiglio Comunale di Terni discutesse e approvasse subito il nostro atto di indirizzo che torna a sollecitare con forza il varo dell’accordo di programma per l’attuazione del piano industriale di AST. L’approvazione dell’atto da parte del consesso civico cittadino,con la sola astensione dei consiglieri di centrodestra presenti in aula, ha un significato chiaro: non sono più tollerabili i continui rinvii ministeriali, prima Giorgetti ora Urso. Il Governo Meloni ignora la centralità della questione industriale e lavorativa ternana e altrettanto fa il governo regionale della destra. Non è più tollerabile l’assenza totale di impegno della Regione, che parla dell’accordo ad ogni scadenza elettorale e poi se ne dimentica. Questione energia, riconversione ambientale, sviluppo produttivo e occupazionale sono decisivi per il futuro di Terni, non solo della maggiore industria umbra. L’astensione dei gruppi di destra in consiglio comunale è una conferma emblematica di questo disimpegno: la fedeltà ai governi Meloni e Tesei, per costoro, viene prima dell’interesse di Terni e dei suoi lavoratori. Basta con i rinvii e le promesse a vuoto, servono i fatti. Il PD impegna tutti i suoi livelli nazionali, organizzativi e istituzionali in una battaglia che è decisiva per il futuro di Terni”.

 

Nota di Forza Italia Provinciale Terni

Il Coordinamento provinciale di Forza Italia Terni segue con particolare attenzione quanto sta accadendo all’AST, all’indomani della decisione dell’azienda di ricorrere a una settimana di cassa integrazione e di spegnere temporaneamente uno dei forni in area fusione per contenere i costi di produzione, gravati da un inevitabile aumento del costo dell’energia. Il partito è impegnato, a tutti i livelli istituzionali, con il governo nazionale per far si che si possa avere un costo dell’energia competitivo, recuperando in tal modo gli errori compiuti nel passato quando non venne minimamente affrontato tale problema. Forza Italia sta cercando di debellare la logica del no ad ogni cosa e sebbene ci voglia il tempo necessario per raggiungere soluzioni strutturali e definitive vi è la consapevolezza che il governo è impegnato al massimo anche in sinergia con la nuova commissione europea.

 

Sinistra Italiana terni su cassa integrazione Ast

Sinistra Italiana Terni condanna con forza l’annuncio dell’Arvedi Ast di sospendere nel mese di settembre per una settimana l’attività produttiva di una linea dell’area a caldo, ponendo in cassa integrazione circa 200 lavoratori, motivando la richiesta non con una flessione degli ordini ma con gli alti costi dell’energia elettrica.

Questa decisione suscita vivissima preoccupazione sia per gli effetti immediati che provoca su un ampio numero di lavoratori che subiscono un pesante colpo in termini di reddito, sia per le prospettive che fa intravedere per il territorio di Terni, già gravemente provato dalla crisi economica e dall’incertezza occupazionale.

Il costo dell’energia elettrica che deve sostenere AST per la sua attività produttiva è certamente alto, superiore a quello di cui fruiscono i competitors europei. La ragione è per noi di Sinistra Italiana molto chiara.

In Italia manca, da lungo tempo, un piano energetico nazionale. Manca perché la politica energetica è stata lasciata in mano agli oligopoli del settore energetico, ad aziende che continuano a far affidamento sui combustibili fossili, che rispondono alle logiche dei mercati finanziari e non alle esigenze dello sviluppo produttivo e del lavoro,  oligopoli che impongono tariffe ai consumatori finali definite in mercati speculativi paralleli, facendo profitti stratosferici non tassati adeguatamente, infischiandosene dell’economia reale.

E’ un problema che riguarda tutta l’apparato produttivo industriale del nostro paese, ed in particolare le aziende energivore come quelle siderurgiche.

E’ altresì singolare che l’alto costo dell’energia sia da Arvedi considerato insopportabile solo a Terni. Non vorremmo quindi che nel mirino dell’azienda sia stata messa l’area a caldo di AST. Se così fosse sarebbe messa in gioco la prospettiva dello stabilimento ternano. Mentre nei programmi ravvicinati previsti a Piombino da Jindal o da Marcegaglia, si investe in aree a caldo con capacità produttive molto elevate, due o tre volte superiori a quelle attuali di Terni

L’accordo di programma è stato fin qui una occasione mancata. È stato uno strumento di propaganda elettorale piuttosto che un momento di concertazione con i soggetti del territorio di Terni e Narni, come è stato chiesto anche nella interrogazione presentata a maggio dall’on, Piccolotti, di Alleanza Verdi Sinistra che, non casualmente, non ha ricevuto risposta alcuna.

Tutto il comparto industriale della conca ternana presenta segni di difficoltà. Dall’ex Faurecia al Tubificio, dalla Sangraf all’Alcantara, a fronte di una generalizzata contrazione della domanda, crescono le dichiarazioni di esubero e il ricorso alla cassa integrazione. È il mondo del lavoro a pagare le conseguenze più dure. La Giunta Tesei e i Comuni del territorio debbono risolutamente assumere una iniziativa verso il governo per affrontare questo stato di cose.

E’ evidente che l’accordo di  programma, pur necessario, per AST ARVEDI non basta più. Ci vuole un tavolo territoriale di cui il governo regionale deve tenere la regia, se ne è capace.

Sinistra Italiana è a fianco dei lavoratori dell’AST e del suo indotto, dei lavoratori di tutte le aziende in cui sono state già formalizzati o già si preannunciano esuberi e cassa integrazione, e si impegna far intervenire le proprie rappresentanze parlamentari a tutela degli interessi del lavoro e della difesa del reddito dei ceti più deboli.

 

Italia Nostra su cassa integrazione Arvedi Ast

E così, con un climax lineare e intuitivo, Arvedi AST Terni mette in cassa integrazione parte delle maestranze per i ‘costi energetici’: unica acciaieria nazionale a farlo oggi, pur in un contesto economico generale non esaltante. 
Non solo. Nessun’altra realtà altamente energivora lo fa: ma come mai certi argomenti, senz’altro rilevanti, vengono ribaditi adesso e soltanto a Terni, indicando al contempo problema e soluzione ‘domestica’, le centrali di Galleto, riscoperte improvvisamente dopo 70 anni?
 
Come sappiamo tali concessioni devono andare a gara pubblica ben prima della loro scadenza nel 2029, come prevede la legge.
Arvedi AST, frattanto, si è posizionata, rivendicando ‘moralmente’ (?!?) tali impianti: puro marketing, visto che la normativa europea esclude Aiuti di Stato. Ma il marketing resta senz’altro un valido strumento verso una politica spesso asservita, come mostrano l’inquinamento conclamato e inarrestabile di lunga data, 
le megadiscariche-colabrodo senza V.I.A. aggiornata e tanto altro.

Nonostante una città e una regione già totalmente piegate a tali interessi, il crescendo ‘protestatario’ della proprietà Arvedi AST non si ferma. 
Il segnale della cassa integrazione Arvedi AST -per una settimana, poi si vedrà- si registra proprio oggi, quando in Italia i costi energetici sono attualmente da tre a quattro volte più bassi del 2022, ancorché più elevati rispetto alla Francia (grazie al nucleare), alla Spagna (grazie alle rinnovabili), alla Germania (grazie al Sistema-Paese, pure in crisi) e ad altri Stati. 
 
Non solo. Se questo gap dei costi dell’elettricità è strutturale in Italia da decenni, poche settimane fa il Governo ha messo a punto il DM Energy release, atto rilevantissimo esclusivamente per le imprese energivore, con il fine di allineare i costi del MWh all’Europa, ma solo per quelle industrie che investono nelle rinnovabili e che, magari, parteciperanno regolarmente a una gara pubblica per concessioni idroelettriche.
Ribadiamo: perché, allora, mettere in cassa proprio oggi? I problemi di Arvedi AST sono altri?
Per saperlo ‘Italia Nostra’ ha già trasmesso una comunicazione a varie Autorità di controllo, al fine di approfondire le condotte sin qui tenute dalla multinazionale italiana: qualora le conclusioni di tali organismi pubblici fossero diverse, l’Azienda andrà soltanto commissariata e il management integralmente rimosso.
Sarebbe peraltro l’occasione per programmare quei miliardari investimenti per le bonifiche su cui Arvedi AST tace, grazie anche alla comprovata quanto demenziale subordinazione della politica non solo locale

 
Andrea Liberati -‘Italia Nostra’ Terni