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Il sistema produttivo e le famiglie sono investiti da una crisi energetica che rischia di assumere proporzioni superiori a quella degli anni Settanta. Una prospettiva che penalizza la crescita per il 2022 – che potrebbe addirittura azzerarsi – ed i consumi: dal momento che le spese energetiche sono sostanzialmente incomprimibili, infatti, gli aumenti si traducono in uno spostamento di spesa dagli altri beni e servizi pari a ben 54 miliardi di euro. A lanciare l’allarme è Confesercenti.

La spesa annua per una famiglia in maggior tutela, infatti, passerebbe per quest’anno da poco più di mille euro l’anno a oltre 1.900, mentre per il gas l’onere complessivo crescerebbe più del doppio, passando da 560 euro circa a oltre 1.200. E la stangata energetica – in particolare quella sui carburanti – avrebbe un forte impatto sugli spostamenti a breve raggio e quindi anche sul turismo: per il trimestre primaverile, che contiene il periodo di Pasqua, si stima una riduzione di oltre il 20% della domanda domestica, con un calo dei consumi turistici di circa -2 miliardi di euro rispetto allo scorso anno.

Un vero e proprio crollo, il cui impatto potrebbe essere disastroso per il lavoro nelle attività ricettive. Se non si procederà ad una neutralizzazione delle settimane di Fis utilizzate nei mesi di emergenza covid gennaio-marzo 2022 – infatti – molte imprese del terziario e del turismo dal primo di aprile avranno già terminato le settimane di disponibilità degli ammortizzatori sul biennio mobile, e molti saranno inevitabilmente i licenziamenti.

Occorre dunque intervenire con sollecitudine per fermare questa spirale perversa, che sta posponendo a dopo il 2024 il recupero della spesa per consumi pre-pandemici. In particolare, è doveroso agire sulla componente fiscale: l’aumento dei prezzi determina al momento, rispetto a un anno fa, un extra-gettito per lo Stato di 3,6 miliardi. Un aggravio aggiuntivo ingiustamente imposto a famiglie e imprese e che dovrebbe essere loro restituito.

Di più largo spettro deve essere invece l’intervento sui prezzi del gas naturale, letteralmente impazziti sulla piazza finanziaria europea e che stanno trascinando le bollette su rialzi mai visti. L’azione di contenimento deve qui svolgersi su più piani. In primo luogo, sarà necessario definire a livello europeo un riferimento tariffario meno esposto di quello attuale alla volatilità del mercato. Le indicazioni già avanzate da ARERA in questo senso devono diventare una priorità di intervento già nei prossimi mesi.

Nell’immediato, si può intanto agire distribuendo nel tempo aumenti altrimenti insostenibili, proseguendo sulla strada già intrapresa delle rateizzazioni e avviando con le imprese della distribuzione un accordo che le porti ad incorporare con maggiore progressività, ossia nel corso di più trimestri, gli aumenti determinati dalle sfavorevoli condizioni internazionali. L’accelerazione inflazionistica dovuta al boom degli energetici pregiudica le prospettive dell’intero paese: serve una nuova fase concertativa per difendere la competitività delle imprese e il potere d’acquisto delle famiglie.