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Ancora una volta il carcere di Terni al centro delle cronache per un episodio di violenza, ancora una volta le denunce del sindacato SAPPE che sollecita le istituzioni deputate a mettere il Corpo di Polizia Penitenziaria nelle condizioni di avere efficaci strumenti di contrasto alla costante, continua e crescente aggressività che caratterizza una consistente frangia della popolazione detenuta.
Ieri, nel primo pomeriggio, l’Agente di Polizia Penitenziaria addetto a far effettuare le telefonate ai detenuti si era recato presso la sezione H della Media Sicurezza proprio per consentire ad un detenuto di origini tunisina di mettersi in contatti con i familiari”, spiega Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Giunto in Sezione”, prosegue, “ha però trovato lo straniero in evidente stato di agitazione, che brandiva minacciosamente la scheda necessaria proprio per telefonare a mo’ di lama, insultandolo e facendolo oggetto di sputi. Non contento, il ristretto ha pure rotto la telecamera della Sezione”. La bravura e la professionalità del poliziotto sono stati decisivi per evitare un ulteriore aggravamento della situazione, già molto tesa”, prosegue il sindacalista, “perché il collega ha tenuto il cancello di sbarramento, che porta alla rotonda del carcere, chiuso, altrimenti sarebbe potuto accadere il peggio. Ma la cosa grave è che questo detenuto, da giorni, minaccia i colleghi di Sezione ed incendia materassi e suppellettili”. 
L’Agente coinvolto è stato poi accompagnato presso il locale Pronto Soccorso per le cure del caso, essendo egli stato attinto dagli sputi e dalla saliva anche agli occhi. “Cosa si aspetta ad intervenire concretamente contro chi si rende responsabile di comportamenti delinquenziali anche quando è detenuto in un carcere?”, prosegue Bonino. “Perché, ad esempio, non vengono rimandati nel proprio Paese di origine gli stranieri detenuti in Italia, che dubito abbiano nel loro Paese tutte le tutele che lo Stato italiano riconosce loro, anche attraverso le figure di garanzia a ciò deputate? Sarei curioso di sapere come, in presenza di un fatto analogo, si comportano le istituzioni penitenziarie del Paese di provenienza del soggetto responsabile… Altro che le ipocrite polemiche di chi si è detto spaventato per le immagini, a loro dire troppo dure, del calendario della Polizia Penitenziaria: qui, purtroppo, anche per questa distorta sensibilità verso chi fa pensa più a Caino che non ad Abele, non cambia nulla, ed il risultato è la diffusa sensazione di impunità per coloro che, durante la detenzione, continuano deliberatamente a  delinquere ed a commettere reati nella consapevolezza che tanto non gli accadrà nulla: e questo è inaccettabile ed intollerabile”, conclude il sindacalista umbro.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, esprime “vicinanza e solidarietà” al collega di Terni e torna a denunciare “la correlazione tra aumento degli eventi critici nelle carceri e presenza di detenuti stranieri. È sintomatico che negli ultimi vent’anni ci sia stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni ’90 sono passati oggi ad essere quasi 20.000 rispetto alle oltre 60mila presenze. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d’origine, come da tempo denuncia il SAPPE, può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia. Ma la realtà è che le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili E questo genera quel senso di impunità da parte dei detenuti che commettono episodi violenti e veri e propri reati durante la detenzione che funge anche da scintilla per l’emulazione di altri ristretti violenti. Per questo, il SAPPE torna a chiedere una efficace legge di duro contrasto a tutto ciò che di illegale viene attuato nelle carceri della Nazione da parte di chi dovrebbe scontare una pena lavorando e ponendo rimedio ai danni fatti alla comunità ed invece continua ad alterare l’ordine e la sicurezza interna”, conclude.