Nella prima parte del 2024 l’attività economica umbra si è confermata debole. L’indicatore trimestrale dell’economia regionale elaborato dalla Banca d’Italia (ITER) evidenzia una crescita del prodotto dello 0,2 per cento rispetto al primo semestre dell’anno precedente, una dinamica leggermente più contenuta rispetto a quella osservata nel Paese (0,4). L’indicatore coincidente Regio-coin, che fornisce una stima dell’evoluzione delle componenti di fondo dell’economia regionale, è rimasto in territorio negativo, a conferma del peggioramento del quadro congiunturale in atto dalla primavera dello scorso anno. Le difficoltà del tessuto produttivo hanno cominciato a riflettersi anche sulla demografia di impresa: è tornato a crescere il numero delle cessazioni, che ha ampiamente superato quello delle iscrizioni, a differenza di quanto accaduto in Italia.
Nell’industria il clima di fiducia delle imprese si è deteriorato. È proseguito il calo del fatturato in relazione al perdurante contributo negativo della domanda interna; le esportazioni sono invece tornate ad aumentare (6,8 per cento), nonostante la riduzione degli acquisti dalla Germania, principale mercato di sbocco delle merci umbre. La scarsa vivacità dell’attività economica e i tassi di interesse ancora elevati hanno raffreddato la spesa per investimenti; le incerte prospettive del quadro economico inducono a prudenza gli operatori anche nella formulazione dei piani per il prossimo anno.
L’attività edilizia è ulteriormente cresciuta; gli effetti del ridimensionamento degli incentivi al comparto privato sono stati più che compensati dall’incremento degli investimenti degli enti pubblici territoriali, in particolare di quelli finanziati dal PNRR, e dagli interventi di ricostruzione post-terremoto. Nel complesso, le ore lavorate sono aumentate del 10,8 per cento; l’intensità dell’incremento è stata analoga nelle due province e, come lo scorso anno, ampiamente superiore a quella rilevata nel Paese.
Anche nel terziario l’andamento è rimasto positivo; il settore ha continuato a beneficiare del supporto fornito dal turismo, i cui flussi hanno raggiunto nuovi massimi. Nei primi nove mesi del 2024 le presenze sono aumentate del 4,4 per cento nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente e del 17,5 per cento rispetto alla media del triennio pre-pandemico (in Italia 0,1 e 3,4, rispettivamente).
La redditività delle imprese si è confermata soddisfacente, pur mostrando alcuni segnali di indebolimento. Le disponibilità liquide, ampiamente adeguate alle necessità operative, sono ulteriormente aumentate. È proseguito il calo dei prestiti al settore produttivo (-2,5 per cento ad agosto) che ha riflesso un elevato livello dei tassi di interesse, condizioni di offerta restrittive e una ridotta domanda per investimenti. La qualità del credito è peggiorata: a giugno scorso il tasso di deterioramento dei prestiti ha raggiunto l’1,6 per cento, un valore superiore al dato italiano ma ancora contenuto nel confronto storico; l’incremento ha riguardato in particolare il settore manifatturiero.
Il numero di occupati ha continuato a crescere (1,2 per cento); a differenza degli anni precedenti, l’incremento si è concentrato tra i lavoratori autonomi (7,1 per cento). Nel settore privato, le attivazioni nette di contratti alle dipendenze si sono ridotte di circa un decimo; il calo ha interessato soprattutto i giovani e le aziende di minori dimensioni. La partecipazione al mercato del lavoro è rimasta elevata nel confronto storico (70,9 per cento); la sensibile diminuzione del numero di persone in cerca di occupazione (-15,0 per cento) ha determinato un calo del tasso di disoccupazione, al 5,5 per cento. Sono aumentate le richieste di Cassa integrazione guadagni, in connessione con le difficoltà emerse in alcuni comparti della manifattura, e quelle per l’indennità di disoccupazione.
Il buon andamento dell’occupazione e la stabilizzazione del tasso di inflazione su livelli contenuti hanno sostenuto il potere di acquisto delle famiglie, cresciuto del 3,2 per cento nei primi sei mesi dell’anno; vi si è associato un più modesto incremento dei consumi (0,6 per cento), nonostante il ricorso alle relative forme di credito sia rimasto significativo. Le preferenze delle famiglie per l’allocazione del risparmio hanno favorito ancora gli investimenti in titoli; i depositi si sono invece ulteriormente contratti.