Leggo che, in relazione agli eccessivi tenori di nichel nell’aria a Terni, ovviamente determinati dalle Acciaierie, la Regione Umbria avrebbe deciso di riaprire l’AIA, a seguito delle conclusioni del ‘tavolo tecnico’.
Al di là del fatto che, sull’esteso inquinamento Arvedi AST, nel corso del mio breve mandato, ho formalmente sollecitato per iscritto e più volte, invano, diversi dirigenti pubblici (inclusi quelli ministeriali) ad assumere comportamenti molto determinati, incontrando muri di gomma già denunciati all’Autorità giudiziaria (unitamente a molto altro), ma davvero occorreva un ‘tavolo tecnico’ per scoprire l’acqua calda?
E’ infatti chiarissimo da almeno 15 anni, cioè da quando sono emersi pubblicamente i primi dati ARPA, che le Acciaierie di Terni sono responsabili di inaccettabili concentrazioni di nichel, così come di cromo e altri metalli pesanti, nell’aria, nelle acque e nei suoli.
Come mai la Regione e tutti gli altri organismi coinvolti hanno dunque consentito, da almeno 15 anni, che questa Azienda potesse determinare intuibili conseguenze sulla salute pubblica e sull’ambiente?
Come mai la Regione e gli altri organismi coinvolti stanno tuttora continuando a permettere tale inquinamento fuorilegge, regalando oggi altro tempo ad Arvedi AST?
Come mai la Regione e gli altri, anche alla luce della sentenza UE sull’ILVA, non intendono subito fermarla, imponendo ad Arvedi AST immediate misure, visti i pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e la salute umana?
La citata sentenza UE sull’AIA dell’ILVA di Taranto (C 626/22, 25 giugno 2024), oltre a stabilire la necessità di valutare il danno sanitario nell’AIA, è chiarissima proprio in relazione a infinite deroghe, proroghe, riaperture di termini, etc.: secondo la Corte “la direttiva europea (2010/75) osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il termine concesso al gestore di un’installazione per conformarsi alle misure di protezione dell’ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione sia oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana.
Qualora l’attività presenti tali pericoli, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva esige, in ogni caso, che l’esercizio di tale installazione sia sospeso.”
La Regione Umbria, con l’AIA, ha tentato di legalizzare quanto è, a mio avviso, platealmente illegale, visto che nessuno, né residente, né lavoratore, può essere esposto involontariamente a questi fenomeni ammorbanti, considerando anche la tossicità cancerogena di tali metalli pesanti, senza parlare poi del resto del disastro ambientale, ampiamente segnalato anni fa persino da magistrati tanto autorevoli quanto inascoltati.
Ecco perché parte significativa dell’area a caldo Arvedi AST va immediatamente fermata per metterne in sicurezza gli impianti, adottando le misure più adeguate.
Solo all’esito di tali iniziative, protetto l’ambiente, salvaguardata la salute umana, la produzione potrà legittimamente riprendere: se a Terni i nodi verranno al pettine -e accadrà- si metta una mano sulla coscienza chi, da decenni, ha consentito e sta ancora consentendo a lorsignori un simile modus operandi
Mascia Aniello – già assessore all’Ambiente del Comune di Terni