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Una ripresa post pandemia, che era avviata in Umbria, messa a rischio ora dalla guerra in Ucraina, ma con l’auspicio e la speranza che il sistema economico regionale possa ancora reagire bene grazie a risorse e investimenti, come quelli legati al Pnrr, e a obiettivi ambiziosi. I

l quadro che emerge dalla nuova Relazione economica e sociale dell’Agenzia Umbria Ricerche, dal titolo “Dalla pandemia alla guerra: l’Umbria tra segnali di ripresa e instabilità globale”, è stato illustrato nel corso della presentazione alla stampa stamani nel Salone d’Onore di Palazzo Donini, con interventi della presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, del prof. Alessandro Campi (amministratore unico Agenzia Umbria Ricerche) e dei responsabili di ricerca Aur Elisabetta Tondini e Mauro Casavecchia.

Il conflitto in corso – è stato sottolineato – genererà una correzione della variazione del Pil dovuta sia alla minore domanda estera, sia alla minore domanda nazionale, sia anche alla riduzione dei consumi interni alla regione. Una simulazione degli effetti della guerra in corso, attraverso un modello di equilibrio economico generale evidenziato nel Rapporto, stima che l’impatto dello shock composto da domanda e offerta costerà al sistema Umbria almeno lo 0,7% in termini di minore Pil annuo.

L’analisi, infatti, mette al centro delle riflessioni il posizionamento dell’Umbria nel quadro congiunturale, caratterizzato però dall’irrompere di una crisi bellica internazionale che, ha spiegato Casavecchia, “sta fortemente condizionando le prospettive di rilancio dell’economia, mettendo a rischio la fragile ripresa conseguente alla lunga crisi pandemica, che già stava facendo i conti con il rincaro delle fonti energetiche, le diffuse pressioni inflazionistiche, le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e le strozzature delle filiere internazionali con il rallentamento degli scambi”.

“Solo pochi mesi fa – ha proseguito il ricercatore – raccontavamo di una regione che stava uscendo dalla pandemia con una crescita inaspettata, di un sistema economico con una, per certi aspetti, inaspettata capacità di reazione. Tutto faceva pensare ad un rapido recupero di quello che si era perso, ma ora ci troviamo a commentare un altro scenario. C’è una situazione di incertezza che non aiuta la ripresa, con l’attuale congiuntura che è dunque profondamente cambiata e rende fortemente incerte le prospettive”.

Per l’Umbria, mette in evidenza ancora il report Aur, l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi di produzione si stima che passerà dal 4,8% del periodo pre-pandemico all’8,3% dell’anno in corso, per un aumento del 73% (a fronte del 77% nazionale). Per il settore metallurgico, quello più energivoro, si prevede che tale incidenza sarà più che doppia.

La crisi in corso, pur correndo trasversalmente tra i settori, è prima di tutto una crisi dell’industria, più che dei servizi, e in questo l’Umbria si trova un po’ più svantaggiata dell’Italia visto che l’industria in senso stretto persa per il 20.8% del valore aggiunto regionale (19,7% in Italia).

Inoltre, la produzione manifatturiera umbra è fortemente dipendente dai collegamenti con le economie esterne, soprattutto delle altre regioni italiane. Anche sul fronte delle esportazioni, l’Umbria secondo il report sembrerebbe relativamente più esposta di altre regioni ai vincoli imposti dalle vicende attuali perché si caratterizza sia per una specializzazione geografica più elevata della media italiana nell’interscambio verso l’area Russia-Ucraina-Bielorussia, sia perché la metallurgia – tra i comparti più toccati dalla crisi – genera oltre un quarto del fatturato esportato dalla regione. E le conseguenze del conflitto sul commercio internazionale dell’Umbria sono rilevanti non tanto per il peso sul totale degli scambi con i paesi coinvolti nel conflitto, piuttosto per la dipendenza delle materie prime e semilavorati provenienti da quel mercato.

L’Umbria – ricorda il rapporto – acquista da Russia, Bielorussia e Ucraina oltre 57 milioni di euro di merci: per il 95% si tratta di prodotti manifatturieri, e costituiscono l’1,9% delle merci che questo settore importa complessivamente dal mondo. Segnali di fiducia ci sono comunque, come hanno rimarcato i ricercatori Aur, anche grazie agli investimenti legati alle risorse del Pnrr: “Il sistema economico umbro ha già reagito bene al ritorno sulla scena degli investimenti e alla fissazione di obiettivi ambiziosi come quelli legati alle transizioni digitale ed energetica che soprattutto la pandemia ha indotto ad intraprendere. Ora, quindi, l’auspicio è quello che le contingenze e le difficoltà del momento non ci allontanino da questi obiettivi”.