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“In Umbria diminuiscono i redditi mentre l’economia sommersa ed illegale continua a crescere rispetto alla media nazionale e a tutte le altre regioni centro settentrionali del paese. La presidente Tesei non può rimanere sorda di fronte ai dati rilanciati dall’Agenzia Umbria Ricerche e ricavati dall’Osservatorio Inps”, così il capogruppo regionale del Movimento 5 Stelle, Thomas De Luca che ritiene “necessario che la Commissione consiliare d’inchiesta ‘Analisi e studi sulla criminalità’ accenda un faro attraverso un calendario di audizioni che coinvolgano anche l’ispettorato del lavoro, i sindacati, le associazioni datoriali e gli altri enti preposti al controllo e alla prevenzione”.

“Nel 2020 – osserva De Luca, in una nota della Regione – la parte non rilevata dell’economia in Umbria è stata pari al 15,3 per cento del valore aggiunto. Un valore paragonabile, in percentuale, a quanto incide il fatturato di un’azienda come le Acciaierie di Terni sul Pil regionale. Stime – commenta – che confermano una sempre più diffusa presenza nella nostra regione delle componenti non osservate delle attività produttive di mercato”.

“Nel primo anno della pandemia il 15,3 per cento dell’Umbria rappresenta una percentuale decisamente più alta di quella media nazionale (12,6 per cento) e di ciascuna delle altre regioni centro settentrionali. Nel 2011 il tasso di lavoro irregolare sul totale era dell’11,8 per cento mentre nel 2014 era salito al 12,5, ma sempre sotto la media nazionale che era pari al 13,5 per cento. Adesso – spiega – le parti sono invertite: mentre la media nazionale cala, quella regionale sale. E questo mentre gli stipendi medi dei lavoratori umbri sono più bassi di circa 2mila euro all’anno rispetto alla media nazionale. Un trend confermato anche nel 2020 durante il quale il reddito medio per i lavoratori della nostra regione è stato di 19mila 466 euro, inferiore del 9 per cento rispetto al valore nazionale (21.341 euro)”.

“Al primo gennaio 2019, in Umbria – continua De Luca – il lavoro sommerso pesava per quasi 1,2 miliardi ed in numeri assoluti l’Umbria contava 49mila 100 lavoratori irregolari stimati. Una parte di economia che, nella realtà quotidiana, aumenta le diseguaglianze accrescendo la ricchezza di pochi e impoverendo la maggior parte dei cittadini. Un fenomeno che porta allo sfruttamento, all’aumento della precarietà e della povertà per una fetta sempre più ampia di settori. Una piaga – conclude il capogruppo pentastellato – che va contrastata con ogni mezzo e strumento a disposizione, a cominciare da una necessaria quanto approfondita indagine conoscitiva”.