Nel periodo del Covid in Umbria le dimissioni volontarie dal lavoro, in particolare nel 2021, sono cresciute con numeri più evidenti che nel resto d’Italia. Emerge dalla nuova relazione economico sociale di fine anno dell’Agenzia Umbria Ricerche. Lo studio è stato presentato in una videoconferenza stampa dalla presidente della Regione, Donatella Tesei, dal commissario straordinario dell’Aur, Alessandro Campi, e dai ricercatori Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini. “Sono quasi 6mila le persone interessate, il 77% del totale delle cessazioni” hanno spiegato i ricercatori.
“Cosa si nasconde dietro tutto questo, un fenomeno chiaramente non solo umbro, è presto per dirlo – hanno aggiunto -ma il periodo del Covid ha fatto maturare atteggiamenti psicologici importanti. Sicuramente avranno fatto la loro parte gli strumenti di sostengo al reddito, oppure le dimissioni causate da abbandoni propriamente non volontari, ma frutto di decisioni programmate e accelerate durante la pandemia”. Per i ricercatori dell’Aur questo può essere anche un fenomeno “positivo”, se si considerano le transazioni da un posto di lavoro ad un altro, “ma solo in caso di un miglioramento”.
“Una cosa è chiara però – hanno precisato – non avremo in futuro un mercato del lavoro immobile e stabile, ma uno più fluido e mobile”. Relativamente agli effetti della pandemia legati alla “psicologia collettiva”, dalla relazione Aur emergono anche “segnali incoraggianti”, come ha sottolineato il commissario straordinario Campi.
“Il livello di benessere e il tasso di fiducia su un futuro incerto è sufficientemente alto – ha detto – e questo si spiega con la struttura sociale della regione, dove le relazioni amicali, parentali e sociali rappresentano una sorta di barriera protettiva, cosa che lascia ben sperare per il futuro. Una particolarità dell’Umbria che va salvaguardata e che può sostenere anche lo sviluppo virtuoso della dimensione economica”.